La chiamano già CRISI TRUMP, la nota azienda italiana a un passo dalla chiusura | Il prodotto sarà il grande assente delle nostre tavole

Mercato italiano (Foto di Riccardo Bernucci su Unsplash) - bitontotv.it
Dazi USA-Ue al 15% mettono a rischio un prodotto simbolo italiano: tra rincari e perdite, il futuro dell’export è più incerto che mai.
C’è un odore inconfondibile che unisce i pranzi della domenica, le pizze fatte in casa e le valigie piene di nostalgia degli italiani all’estero. Un profumo che adesso rischia di evaporare nel nulla.
Un ingrediente semplice, ma protagonista. Uno di quelli che fanno la differenza tra “buono” e “buonissimo”. Ma soprattutto, uno di quelli che ha saputo conquistare anche chi, solitamente, preferisce il cheddar sciolto sui nachos.
E proprio lì, dove i fast food dominano e le salse sono un’istituzione, c’è chi ha imparato a riconoscere – e a pretendere – l’eccellenza. Ma un cambiamento nelle regole del gioco rischia di mandare tutto in fumo. E stavolta, non è una questione di gusti.
La chiamano “Crisi Trump”, ma le conseguenze le pagano altri. E potrebbero finire direttamente nel nostro piatto.
La “Crisi Trump” si riflette su una nostra eccellenza
Sotto accusa ci sono nuovi dazi del 15% che, pur essendo più leggeri rispetto al clamoroso 30% ipotizzato in precedenza, stanno già agitando le acque (e i conti correnti) di migliaia di aziende italiane. In particolare, in una regione dove latte, sale e pazienza si trasformano da secoli in pura arte gastronomica.
Parliamo della Campania, terra di storia, sole e mozzarelle memorabili. Secondo Confesercenti, solo qui si contano circa 40.000 imprese legate al commercio con gli USA. Il rischio? Una perdita da 280 milioni di euro l’anno. Il motivo? L’aumento dei costi per esportare, che finirà inevitabilmente per ricadere su chi compra. E chi compra, si sa, fa due conti prima di fare la spesa.
Nota azienda italiana a rischio
Così, la mozzarella che finora si trovava a scaffale negli States a circa 45 euro al chilo (che già è un’enormità per noi, ma tant’è) potrebbe presto costarne 60. La domanda che aleggia tra i produttori è amara e tagliente come un coltello da cucina: gli americani sono disposti a spendere di più per lo stesso prodotto o si faranno tentare da copie dozzinali a prezzo ribassato? E sappiamo bene quanto i nostri prodotti più noti siano spesso copiati senza successo. O almeno, per chi ne conosce il vero valore.
Intanto, la preoccupazione, come leggiamo su tgcom24.mediaset.it, cresce anche in altri settori caseari italiani. I numeri parlano chiaro: circa il 10% della produzione di bufala Dop prende il volo verso gli USA. Alcune aziende basano lì metà del loro fatturato. E adesso tremano. Non per il formaggio, ma per il futuro. Una cosa è certa: se nessuno interviene, il grande assente sulle tavole americane potrebbe non essere un condimento qualsiasi. Ma un pezzo d’Italia.